Storage protein e allergie alimentari: diagnosi e rischi dei diversi allergeni
L’allergia alimentare costituisce un problema attuale e in crescita, considerato l’ampio spettro di manifestazioni cliniche che possono andare da quelle più lievi fino allo shock anafilattico, potenzialmente fatale. Nello specifico, di fronte a una sensibilizzazione alle proteine di deposito (storage-protein), è fondamentale una diagnosi accurata da parte di un Allergologo esperto, essendo una condizione da cui possono scaturire reazioni gravi, come quella provocata dall’allergia alle arachidi nei bambini. Ecco allora un’utile panoramica per comprendere.
I vantaggi della diagnostica molecolare
Grazie alle ultime tecniche di biologia molecolare è stato possibile ampliare notevolmente la conoscenza degli allergeni ed il loro ruolo nelle allergie alimentari.
La diagnostica basata sugli estratti allergenici classici è in grado solo di identificare la sorgente allergenica, quindi individuare il frutto responsabile della reazione, ma non permette di identificare l’entità molecolare responsabile della sensibilizzazione (LTP, PR-10 o proteine di deposito). L’impiego di singole molecole purificate per definire il profilo allergenico del paziente, quindi, non costituisce solo un importante affinamento diagnostico, ma si riflette anche sulla prognosi e sulle indicazioni terapeutiche.
Questo sistema consente, infatti, di informare il paziente sul livello di rischio che comporta ogni sensibilizzazione, maggiore se sviluppata per le proteine da deposito rispetto, ad esempio, alla sensibilizzazione per la PR-10 della mela, la quale generalmente provoca una semplice “sindrome orale allergica”, caratterizzata da prurito a livello del cavo orale ed edema delle labbra.
Le proteine di deposito e il loro ruolo nelle allergie
Tra gli allergeni, le proteine di deposito sono quelle più presenti nei semi e nella frutta secca con guscio, seppure in quest’ultima accanto a una minima concentrazione di proteine Bet V 1 omologhe, profiline e LTP. La famiglia delle proteine di deposito è composta da vari tipi di proteine appartenenti a due superfamiglie: le prolamine e le cupine. Entrambe presentano una struttura chimica notevolmente stabile al calore ed alle proteasi, per cui risultano maggiormente resistenti alla cottura e di più difficile digestione. La loro definizione si basa spesso sul coefficente di sedimentazione: le globuline 7S e 11S appartengono alle CUPINE, le albumine 2S e le proteine di trasferimento lipidico appartengono invece alle PROLAMINE.
Le prime sono contenute nei semi di molte piante e comprendono le globuline della soia, dell’arachide, dell’anacardo e della noce. Alle cupine appartengono anche la legumina della nocciola e della mandorla, la cui tostatura non influisce sulla capacità allergenica e sul pericolo di scatenare reazioni gravi.
Nel determinare il rischio di sviluppare sintomi hanno un ruolo importante i livelli di IgE, mentre la gravità degli stessi sembra essere influenzata dalla co-sensibilizzazione a diverse proteine di deposito. Per questo, la sensibilizzazione verso le proteine di deposito è un importante indice di possibile reazione sistemica grave, e va per questo segnalata in modo chiaro al paziente mettendolo in guardia sui potenziali rischi.
Per quanto riguarda le prolamine, invece, questo tipo di proteine di deposito sono presenti nel grano e si distinguono in numerosi allergeni, come l’omega 5-gliadina (Tri a 19), responsabile dei quadri di anafilassi correlata all’esercizio fisico (food-dependent excercise-induced anaphylaxis).Questo tipo di allergia, che determina quadri clinici severi, è fortunatamente piuttosto raro. Nel caso delle prolamine dei cereali, al contrario delle cupine, è dimostrato che la cottura può influire in modo consistente nel livello di allergenicità.
A proposito di prolamine, inoltre, è importante segnalare che le 2S albumine possono provocare una reazione allergica anche per inalazione. Questo tipo di allergeni si trovano nell’arachide, nella senape gialla, nella noce, nel sesamo, nella mandorla, nei semi di girasole, nella soia, e nei ceci. Queste proteine sono estremamente resistenti al calore e alla digestione. Tra le prolamine troviamo infine gli “inibitori dell’alfa-amilasi/tripsina”; in grado di sensibilizzare i pazienti per inalazione delle farine e per ingestione di cereali come il grano, l’orzo ed il riso.