Obesità e Sovrappeso: Classificazione, Terapia e Dieta
Per obesità si intende un’alterazione metabolica caratterizzata da un disequilibrio tra massa grassa e massa magra, tale da poter compromettere lo stato di salute:
il rischio per il corretto funzionamento dell’organismo è talmente grave che l’obesità rappresenta attualmente la più diffusa patologia da malnutrizione delle società occidentali industrializzate e comporta un incremento medio annuale del rischio di mortalità, soprattutto per via delle complicazioni vascolari e metaboliche associate, di 2,5 volte maggiore rispetto a quelle degli individui normopeso.
Il metodo più diffuso per individuare lo stato di obesità è rappresentato dal calcolo del BMI (Body Mass Index), o Indice di Massa Corporea, che mette il relazione il peso dell’individuo in chili e la sua altezza (indicativa della superficie corporea) in metri elevata al quadrato.
Gli esperti del National Institute of Health concordano nell’affermare che, a lungo termine, la semplice terapia medica può risultare inefficace nella cura dell’obesità, e che è quindi necessario modificare gradualmente ma radicalmente lo stile di vita e le abitudini non solo alimentari del soggetto.
epidemiologia dell’obesità
Come già accennato, nell’ultimo secolo ed in particolare nella seconda metà dello stesso, si è assistito ad un costante aumento dell’obesità nei paesi sviluppati e in numerose nazioni in via di sviluppo, fino a caratterizzarsi come un fenomeno dai tratti quasi epidemici. Secondo i dati dello studio WHO, in Europa la quota di individui obesi si aggira attorno al 10-20% negli uomini adulti (tra i 35 e i 65 anni) e addirittura tra il 15 e il 25% nelle donne.
classificazione dell’obesità
Il più efficace tra i criteri scientifici utilizzati per effettuare diagnosi di obesità e sovrappeso, valido soprattutto per gli studi epidemiologici, è il calcolo dell’Indice di Massa Corporea o BMI (Body Mass Index).
A seconda del coefficiente ottenuto dal rapporto tra peso in chili e altezza in metri al quadrato, si classifica il soggetto analizzato in situazioni di normalità o di sovrappeso più o meno grave.
Tabella 2 | ||
Classificazione dell’obesità in relazione al BMI | ||
BMI | Classificazione | |
<25 | Normale | |
25 < 27 | Sovrappeso | |
27 < 30 | Media obesità | |
30 < 35 | Obesità moderata | |
35 < 40 | Obesità severa | |
40 < 50 | “Morbid” obesity o grave | |
50 < 60 | Super obesity | |
>60 | Super, super obesità |
Il WHR, invece, è indice della distribuzione (centrale o periferica) dell’adipe corporeo: è facilmente calcolabile, riproducibile e spesso associato ai risultati della tomografia computerizzata che determinano l’entità della massa adiposa intraddominale.
Il valore di WHR si calcola tramite il rapporto tra la misurazione della circonferenza minima della vita e quella massima dei fianchi. I risultati ottenuti individuano tre categorie di obesità:
- Obesità androide/centrale/viscerale: WHR > 0,85. Il grasso è distribuito principalmente nella parte superiore del corpo, con uno sviluppo pronunciato dell’apparato muscolare. È associata a complicazioni metaboliche e cardiovascolari.
- Obesità intermedia: WHR compreso tra 0,79 e 0,84, associato a un rischio di disturbi cardiovascolari e metabolici simili a quelli dell’obesità androide.
- Obesità ginoide o periferica: WHR <0,78. Il grasso è distribuito nella parte inferiore del corpo, con uno scarso sviluppo dell’apparato muscolare. È associata a rischi di natura meccanica e vascolare.
I limiti per definire l’obesità viscerale sono stati ulteriormente differenziati dalla Consensus Conference Italiana in WHR 0,92 per gli uomini e 0,81 per le donne.
Tabella 3 | ||
Livello di rischio di complicanze obesità correlato | ||
Livello di rischio | Circonferenza vita | |
Elevato | Uomo | >94 cm |
Donna | >80 cm | |
Molto elevato | Uomo | >102 cm |
Donna | >88 cm |
Il WHO ha proposto inoltre di suddividere le diverse situazioni ponderali in base all’associazione tra BMI e comorbidità, ovvero l’insorgenza di una o più patologie correlate a quella presa principalmente in esame (l’obesità nel caso specifico).
Tabella 4 | ||
Classificazione degli stati di eccesso ponderale basata sull’associazione tra BMI e co-morbidità | ||
Classificazione | BMI (Kg/m2) | Rischio di co-morbidità |
Sottopeso | < 18.5 | Basso (ma aumentato rischio di altri problemi clinici) |
Normopeso | 18.5-24.9 | Minimo |
Sovrappeso | 25-26.9 | Basso |
Pre-obesità | 27-29.9 | Moderato |
Obesità classe I | 30.0-34.9 | Alto |
Obesità classe II | 35.9-39.9 | Altissimo |
Obesità classe III | >40.0 | Estremamente alto |
Morbidità dell’obesità
Le patologie di grave entità che possono insorgere in correlazione all’obesità sono catalogabili in quattro gruppi:
– problemi cardiovascolari (ipertensione arteriosa, stroke e malattia coronarica)
– condizioni connesse all’insulino-resistenza (NIDDM)
– neoplasie ormono-dipendenti e del grosso intestino
– patologie della cistifellea (colelitiasi e neoplasie)
Oltre a queste quattro categorie più incidenti, sono da tenere in considerazione disturbi legati ad altri apparati, tra cui quello respiratorio o urinario, un maggior rischio di insorgenza di tumori e difficoltà dal punto di vista psicologico e sociale.
Tabella 5 | ||
Condizioni morbose associate all’obesità (SOS) | ||
Categoria | Patologia | Obesi affetti |
Apparato cardiovascolare | Ipertensione arteriosa | 30-50% |
Insufficienza cardiaca congestizia | 52% | |
IMA | 22.4 %uomini | |
39.6%donne | ||
Complicanze metaboliche | Insulino-resistenza | 35-60% |
NIDDM | 80% | |
Apparato respiratorio | Dispnea | 10% |
Sindrome di Pickwick | ||
Sleep apnea sindrome | ||
Embolia polmonare | ||
Apparato gastroenterico | Statosi epatica | 60-90% |
Colelitiasi | 11-30% | |
Apparato genito-urinario | Amenorrea ed infertilità | 40-50% |
Incontinenza vescicale | ||
Iperplasia dell’ endometrio | ||
Carcinoma della prostata | ||
Carcinoma della mammella | ||
Ipogonadismo ipotalamico | ||
Complicanze ostetriche: Diabete gestazionale | 46.7% | |
Complicanze ostetriche: Ipertensione | 41-60% | |
Patologie tumorali | K colecisti | 10% |
K vie biliari | ||
K cervice uterina | ||
K endometrio | ||
K ovaio | ||
K mammella | ||
K colon | ||
Altre complicanze | Artriti degenerative | 50% |
Insufficienza venosa cronica | ||
Alterazioni psicosociali | Isolamento sociale | 60-80% |
Depressione e perdita di autostima |
Come indicato nella seguente tabella, il rischio relativo (RR) di insorgenza di patologie correlate all’obesità può aumentare fino a 2-3 volte rispetto ad un soggetto normopeso per quanto riguarda disturbi cardiovascolari, diabete, insufficienza respiratoria e dislipidemie, e fino a 1-2 volte per patologie neoplastiche (carcinoma della mammella, endometrio e colon).
Tabella 6 | ||
Rischio relativo (RR) associato alle patologie correlate all’obesità | ||
RR > 3 | RR 2-3 | RR 1-2 |
NIDDM | Malattia coronaria | Neoplasie (K mammella postmenopausale, endometrio, colon) |
Malattie della colecisti | Ipertensione arteriosa | Alterazioni degli ormoni della riproduzione |
Dislipidemia | Osteoartrite | Infertilità |
Insulino-resistenza | Iperuricemia e gotta | Sindrome dell’ovaio policistico |
Dispnea | Lombalgie | |
Sleep apnea syndrome | Aumentato rischio anestesiologico | |
Anomalie fetali associate all’obesità gestazionale |
La Terapia dell’obesità
Il fondamento su cui deve basarsi un valido trattamento di cura dell’obesità è la riduzione dell’introito calorico al di sotto del consumo attraverso la dieta, e l’aumento del consumo energetico stesso attraverso l’attività fisica.
La terapia dietetica deve consistere in un piano alimentare vario, equilibrato, gradevole (in modo da agevolare il paziente nel seguirlo) e con un contenuto calorico inferiore al dispendio medio, cosicché il fabbisogno energetico dell’organismo venga parzialmente soddisfatto dal consumo dei trigliceridi depositati nel tessuto adiposo: dal momento infatti che ad un chilo di tessuto grasso equivalgono circa 7000 calorie, inserendo nel piano dietetico un deficit di 1000 calorie al giorno si potrà ottenere un calo di peso di un chilo nel giro di una settimana, mediamente l’1% del peso di partenza.
Oltre a ridurre l’apporto calorico in sé, bisogna prestare particolare attenzione ai cibi con cui si assumono i nutrienti che compongono il fabbisogno giornaliero (60% di glicidi, 30% di lipidi e 10% di protidi).
Per quanto riguarda i glicidi, sono da preferire cibi a basso indice glicemico, anche se è possibile inserire nel piano dietetico un 8-10% di zuccheri semplici.
I lipidi, per quanto da introdurre in quantità limitata, restano comunque essenziali, e sono consigliabili l’olio extravergine d’oliva, le carni magre e i latticini parzialmente scremati.
L’assunzione di proteine di origine animale o vegetale è limitata a circa 1g per chilo di peso ma sufficiente ad evitare la perdita di massa magra e muscolatura, con conseguente abbassamento del metabolismo basale.
Le cosiddette diete “fai da te” o comunque sbilanciate a favore di un gruppo nutritivo, finalizzate ad una rapida perdita di peso, comportano solamente una temporanea riduzione di liquidi e massa muscolare, con relative conseguenze sul metabolismo basale.
È consigliata l’assunzione di circa 30-35 g di fibre vegetali al giorno, in quanto riducono l’assorbimento intestinale degli zuccheri, danno un maggior senso di sazietà e forniscono un aiuto in caso di stipsi.
Sono decisamente proibiti cibi troppo dolci (panna, creme, zucchero, marmellate, miele, bevande dolcificate, frutta matura), grassi (condimenti, formaggi, burro, strutto, salumi, patate e polenta) e alcolici. In caso di eccezione che interrompa il regime di dieta (con un pasto troppo abbondante o un cibo sconsigliato) è auspicabile una riduzione calorica nei giorni successivi di circa il 20% rispetto all’apporto medio prescritto.
Buone abitudini alimentari, utili al mantenimento del peso (obiettivo solitamente più difficile della perdita in sé), sono fare bocconi piccoli da masticare attentamente e lentamente, consumare i pasti seduti a tavola, possibilmente in compagnia della famiglia che dovrebbe partecipare e contribuire positivamente al percorso terapico del paziente, e ripartire la quota calorica in tre pasti principali (con particolare rilievo della colazione) e due spuntini che impediscano di arrivare al pranzo o alla cena troppo affamati e quindi soggetti al desiderio di eccedere nelle dosi.
sindrome yo-yo
Come già accennato, la difficoltà maggiore di un percorso terapico per la cura dell’obesità consiste nel mantenere il peso raggiunto: è stato dimostrato che una percentuale consistente di pazienti obesi ritorna al peso di partenza, o quasi, nel giro di pochi anni. Questa ricaduta può essere evitata modificando lo stile di vita non solo dal punto di vista prettamente alimentare, ma globale, ad esempio attraverso l’inserimento del “fattore movimento”, ovvero dell’attività fisica, unico elemento davvero in grado di produrre una modificazione dell’assetto ormonale insulinodipendente (che regola il deposito di grassi nel tessuto adiposo). Con un ritorno alle precedenti abitudini di alimentazione in eccesso e sedentarietà si ritornerà anche al peso originario.
qualità della vita
Il concetto di qualità della vita è oggigiorno largamente utilizzato anche da persone non direttamente coinvolte in ambito medico, e per quanto il suo significato appaia a tutti piuttosto intuitivo, resta di difficile definizione. L’OMS ha definito la qualità della vita in relazione alla salute come “percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto del sistema culturale e di valori esistente nel luogo in cui egli vive, in relazione agli obiettivi, alle aspettative, agli standard e agli interessi che gli sono propri”.
Risulta chiaro quindi che il concetto non è legato semplicemente alla salute fisica, ma all’intera condizione psicologica, sociale, relazionale ed etica del soggetto, ed è inoltre basato su una percezione personale dello stesso. Non si tratta di un fattore immutabile del tempo: ad esempio il sopraggiungere di una malattia cronica può rivoluzionare drasticamente il concetto personale di qualità della vita, rendendo vere conquiste lo svolgimenti in autonomia di piccoli gesti quotidiani che prima di allora venivano considerati scontati. È questo il caso, ad esempio, dell’obesità, ed è proprio il disagio avvertito dal punto di vista fisico, psicologico e sociale, prima ancora della preoccupazione per la propria salute, a produrre il desiderio di trovarvi una soluzione efficace e definitiva.
Il miglioramento della qualità della vita è uno degli obiettivi primari della ricerca clinica e della promozione della salute, e può essere considerato un metro di giudizio per l’efficacia delle cure da parte dei pazienti. Tuttavia non ci si può aspettare un repentino miglioramento in seguito ad un intervento chirurgico o ad un’importante perdita di peso grazie a un percorso dietologico: la chiave per una vita più serena sta nel modificare le abitudini sbagliate che hanno contribuito, radicandosi nel quotidiano delle persone obese, a mantenere la patologia, e modificare le aspettative post-dimagrimento in relazione al rapporto con se stessi e gli altri, senza lasciarsi scoraggiare dall’eventuale non realizzazione del “piacersi e piacere al prossimo” come conseguenza del corpo magro.
DIETA PER PAZIENTI AFFETTI DA OBESITÀ (1680 KCAL )
La dieta nel paziente affetto da media obesità (BMI 30-40) ha l’obiettivo di ridurre gradualmente l’eccesso ponderale fino al raggiungimento del peso ragionevole concordato in visita specialistica dietologica.
La guida alimentare ipocalorica favorisce la riduzione del rischio patologico associato all’obesità.
Gli obiettivi intermedi sono rappresentati dal:
• controllo dei fattori acquisiti che hanno indotto lo stato di obesità come le abitudini alimentari errate, la sedentarietà, l’iperalimentazione, le malattie ricorrenti, i farmaci, i fattori culturali e sociali in genere;
• analisi degli eventuali fattori genetici che hanno indotto l’insorgere della malattia;
• predeterminazione dei fattori congeniti: ipernutrizione, iponutrizione e patologie endocrine della madre in corso di gestazione.
L’obiettivo finale è il mantenimento del peso desiderabile conseguito e alla normalizzazione del comportamento alimentare (approccio cognitivo).
Qui riporto un esempio di dieta giornaliera di circa 1700 Kcal.
COLAZIONE
• 200 ml di latte parzialmente scremato
• 40 g di pane con 1 cucchiaio di marmellata
SPUNTINO
• 240 g di ananas
PRANZO
• 60 g di risotto con trevigiana
• 60 g di speck
• 200 g di carote, zucchine e fagiolini
• 60 g di pane integrale
SPUNTINO
• 200 g di mandaranci
CENA
• 1 piatto di minestrone
• 160 g di palombo al forno
• 150 g di insalata di barbabietole
• 60 g di pane integrale
25 g di olio di oliva da distribuire nei pasti della giornata